Nel momento in cui le aziende si sono accorte che sfruttare temi sensibili e sociali, per raggiungere maggiore pubblico e trarre profitto, il tema Woke Washing è diventato particolarmente importante, vediamo perché
Tu cosa sai del Woke Washing?
Il Woke Washing, in italiano viene tradotto come “lavarsi la coscienza”, è una pratica utilizzata dalle aziende per guadagnare rispetto e profitto dai propri clienti attraverso il sostegno di azioni dall’alto impatto sociale nelle proprie campagne di marketing, sfruttando la crescente sensibilità e responsabilità da parte di consumatori. Una strategia di mercato che spesso nasconde il lato oscuro della gestione aziendale capitalistica convenzionale.
Nel 2016, Colin Kaepernick si è inginocchiato durante l’inno nazionale americano durante una partita della NFL per protestare contro la brutalità e il razzismo della polizia. Dopo poco l’atleta è diventato il testimonial della Nike, la società ci ha guadagnato sopra 6 miliardi di dollari. Questo non vuol dire che il noto brand sportivo faccia Woke Washing ma che funziona e chi, non è così limpido come vuole dimostrare, ne approfitta.
Usare il marketing per prendere posizione su un problema, ma allo stesso tempo contribuire al problema stesso è Woke Washing. Questo tipo di marketing porta i consumatori a credere che l’organizzazione sia dedita all’essere progressista e solidale quando in realtà non lo è. Inoltre, sappiamo bene quanto i consumatori oggi (specialmente le new generation) siano attenti a supportare imprese con valori simili ai propri, per questo le aziende devono sostenere attivamente la causa invece di limitarsi a sensibilizzare. Se ostenti il tuo attivismo nel sostenere una dieta sana e vegana ma sei partner di allevamenti intensivi di animali stai facendo Woke Washing.
Altri tipi di ‘washing’
Il greenwashing si riferisce all’uso del marketing per diffondere informazioni che inducono le persone a credere che un’azienda stia facendo uno sforzo per salvaguardare l’ambiente proponendo prodotti che lo rispettano o che l’organizzazione, per esempio, sia a emissioni Zero, ma (sorpresa) non lo sono. La verità è che sostenere veramente una causa utile o dare un valore etico al prodotto o servizio offerto può rafforzare la reputazione di un brand e fidelizzare davvero il target sul lungo periodo.
Il Pinkwashing, invece, è l’atto di usare le questioni LGBTQ+ per ottenere punti agli occhi dei consumatori, fidelizzati o meno. Una nota banca statunitense ha sponsorizzato carri allegorici ad alcune parate Pride ed è considerata quindi queer-inclusive. Tuttavia, è stata citata in giudizio per discriminazione anti-LGBTQ da clienti e dipendenti. Qualcosa non quadra, non credete?
Creare un’identità woke senza una reale adesione ai valori sponsorizzati rischia di diventare controproducente sia per l’azienda stessa che per l’intera società, sminuendo in questo modo il valore etico e sociale delle cause importanti che potrebbero davvero migliorare il mondo, questa dovrebbe essere la mission e vision di ogni azienda.